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Immagine del redattoreSalvatore Cirilla

Incapacità del teste: entro quando si può contestare?

In che fase del processo bisogna rilevare la nullità della deposizione resa dal testimone?


La testimonianza è il mezzo di prova più importante in giudizio per dimostrare i fatti invocati dalle parti processuali. Grazie ad essa, molte controversie vengono risolte e, nel bene o nel male (a seconda degli interessi delle parti) si arriva, spesso, alla verità dei fatti. Tutti possono (e devono) testimoniare se chiamati in causa, anche il coniuge o i figli; sarà poi il giudice a stabilire se quello che hanno riferito sia attendibile o se, invece, debba essere disatteso. Diverso è il caso di chi è incapace, per legge, a testimoniare: parliamo di tutti quei soggetti che, potenzialmente, per gli interessi in gioco, sarebbero considerati parti processuali all’interno del processo e, per tale motivo, la loro testimonianza sarebbe nulla, perché con ogni probabilità orientata a salvaguardare anche i propri interessi. Tale incapacità deve essere eccepita dalla parte contro cui la testimonianza è finalizzata, poiché l’unica interessata a porre nel nulla la deposizione. Esistono, tuttavia, delle decadenze processuali in tema di eccezioni. In questo articolo, dopo un breve excursus circa il mezzo di prova in esame e la sua importanza, ci soffermeremo sull’eccezione relativa all’Incapacità del teste: entro quando si può contestare?



Chi sono e a cosa servono i testimoni?

Il teste è una persona fisica che rende all’interno di un giudizio, sia esso civile, penale o di altra natura, una dichiarazione utile ai fini della conoscenza dei fatti. Questa persona, infatti, ha assistito alla vicenda che ha coinvolto le parti oggi alle prese con un giudizio e può aiutare il giudice nella decisione su di chi sia la responsabilità di una determinata condotta. Per tale motivo, la testimonianza è considerata il mezzo di prova per eccellenza all’interno dei processi per dirimere una controversia e far fuoriuscire la verità dei fatti.


Il testimone, se chiamato dal giudice, non può rifiutarsi di deporre: in tal caso, la legge prevede la possibilità di comminare una sanzione economica e, se l’assenza si protrae alle successiveudienze, la possibilità di disporre l’accompagnamento coattivo, tramite forze dell’ordine, in tribunale per costringerlo a dichiarare quanto sa in merito a quella vicenda.

Hanno l’obbligo di dire la verità?

A differenza delle parti coinvolte nel giudizio (pensiamo all’imputato nel processo penale, ma anche all’attore nel processo civile), il teste è obbligato a dire la verità. Infatti, a differenza dei primi, il testimone non ha interesse nella causa (o, quantomeno, non ne dovrebbe avere) e, quindi, la sua dichiarazione mendace non è ammessa, né giustificata dal legislatore.


Eccezione al principio dell’obbligo di deposizione va fatta per alcune persone che, per lo stretto rapporto con la persona coinvolta in giudizio (il coniuge o i figli, ad esempio), potrebbero essere portati a dichiarare il falso per salvaguardare gli interessi del proprio familiare. In questo caso, la legge gli concede la possibilità di astenersi dal deporre; ma se decidono di farlo, devono dichiarare la verità.


Quali sono i rischi di una falsa testimonianza?

La falsa testimonianza è considerata una condotta molto grave dal legislatore, posto che potrebbe inficiare il giudizio del giudice e, in alcuni casi (ambito penale), potrebbe comportare una condanna per un potenziale innocente o, viceversa, l’assoluzione di un potenziale criminale.


È per tale motivo che la falsa testimonianza è considerata reato, da contestare anche d’ufficio; e con essa, è punito anche chi, pur sapendo, tace la verità. La pena, in tal caso, non è di poco conto, posto che si prevede un minimo di due ed un massimo di sei anni di reclusione.


In tal caso, l’unico modo per eliminare la punibilità del reato è ritrattare la propria dichiarazione rappresentando una fedele esposizione degli avvenimenti che hanno formato oggetto della testimonianza, tale da ripristinare in pieno la verità.


Chi non può testimoniare?

Prima dell’intervento della Corte costituzionale, non potevano deporre, almeno nel processo civile, il coniuge ancorché separato, i parenti o affini in linea retta del teste [1]. Successivamente, tale previsione è stata dichiarata illegittima e, quindi, eliminata. Pertanto, ad oggi, anche i parenti più stretti possono testimoniare e il giudice potrà valutare semplicemente la loro attendibilità.


Diverso è il caso di chi è considerato incapace a testimoniare: i soggetti che nella causa potrebbero avere un interesse tale da legittimare una loro partecipazione in giudizio non hanno, infatti, la possibilità di deporre [2].


Entro quando bisogna contestare l’incapacità a testimoniare?

Ovviamente è onere della parte che ha interesse a che il testimonenon venga sentito eccepire l’incapacità a testimoniare del soggetto chiamato a deporre. In questo caso, occorrerà fare presente al giudice tale illegittima chiamata al fine di permettere a quest’ultimo di escludere il mezzo di prova richiesto.


Ma quando bisogna rilevare tale questione? Secondo la pronuncia recentissima della giurisprudenza [3], l’incapacità a testimoniare di un soggetto deve essere eccepita subito dopo l’espletamento della prova stessa; e questo a prescindere dal fatto che la contestazione sia già avvenuta prima della testimonianza stessa.


Nel giudizio, i ricorrenti lamentavano infatti che la corte d’appello avesse valutato erroneamente l’attendibilità di un testimone, rappresentante legale di una delle parti in causa. Tuttavia, i giudici della Cassazione confermavano i ragionamenti della Corte d’appello, secondo cui la nullità della deposizione testimoniale resa da persona incapace deve essere eccepita subito dopo l’espletamento della prova, anche quando l’incapacità sia stata eccepita prima dell’assunzione.


La ragione risiede nel fatto che tale regola non viene fissata a tutela di un interesse pubblico, ma nel mero interesse delle parti processuali che possono, eventualmente, rinunciare a tale eccezione. Sempre secondo i giudici di legittimità, l’eccezione di nullità deve poi essere ribadita in sede di precisazione delle conclusioni, risultando pertanto tardiva l’eccezione presentata solo con la comparsa conclusionale.


Conseguenza della tardiva contestazione? Le deposizioni del teste interessato alla causa – per quanto nulle – potranno essere utilizzate ai fini del convincimento del giudice.


Note

[1] Art.247 Cod. civ.

[2] Art.246 Cod. civ.

[3] Cass. civ. n. 7095/19 del 12.02.2019




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